Poggibonsese doc, classe 1955, Giorgio Giorli è ricordato come uno dei più giovani esordienti in maglia giallorossa. Leader incontrastato della corsia destra, ha indossato a più riprese i colori dei Leoni contribuendo alla vittoria di due campionati di Promozione: nel 1971-72 e nel 1982-83. Lo incontriamo sul luogo di lavoro, nell’agenzia assicurativa di via Trento ospitata curiosamente nei locali che un tempo appartenevano allo Sporting Club e alla sede dell’Us Poggibonsi. Un segno del destino in piena regola.
Giorgio, partiamo dal debutto …
“Era il 1971, giocavamo a Cecina per la giornata inaugurale di Promozione. Avevo 16 anni e fui spedito nella mischia da mister Uliano Vettori con il numero sette. Un’emozione particolare in una sfida nella quale alternai buone fasi ad altre meno convincenti. Mi marcava un certo Capanna. L’ho ritrovato molto tempo dopo al corso per allenatori”.
Che Poggibonsi era?
“Con vari elementi di esperienza, Missio, Gattai, Carboni, Tozzi, ‘Foffo’ Sabatini, Galgani, Sardi. Poi c’erano i giovani, per esempio Ivano Grassini, Paolo Gori, Marco Fanti e il sottoscritto, in un gruppo che annoverava anche il portiere Fratiglioni, Berti, Mancini, Cappelli, Vaselli, Casagli, Fontani. Arrivammo primi in virtù degli spareggi con Castelnuovo Garfagnana e Tavarnelle e salimmo in serie D”.
E’ vero che l’ala Giorli nasce in realtà mezzala?
“Sì, in origine ero un ‘otto’ e non un ‘sette’. Fu proprio Vettori a impostarmi nel ruolo di fascia. Avvenne in un paio di partitelle del giovedì. Mi muovevo con disinvoltura, avevo una certa propensione al cross”.
Da lì, il via al mito di Giorgio nell’immaginario dei tifosi?
“Non esageriamo! Comunque in quel 1971-72 riuscii a collezionare una discreta quantità di incontri. Ricordo soprattutto la vittoria sul Castelnuovo Garfagnana, nostra rivale per il primato. Erano assenti Sabatini e Carboni, così Vettori mi ripropose fra i titolari insieme con Grassini”.
Chi furono i tuoi primissimi “maestri” sul campo?
“Ero piccolo quando mi avvicinai ai colori. I tecnici di noi mini atleti? Gianfranco Vezzosi, Igino Balestra, Mauro Bettarini. Più avanti conquistammo il titolo toscano Juniores. Era sempre il 1971-72 e ad allenarci ancora Vettori che aveva una doppia mansione tra prima squadra e giovanili. Eravamo tutti ragazzi di Poggibonsi o della Valdelsa. In ordine sparso, Papini, Grassini, Vannini, Fedeli, Martini, Bucciarelli, Cei, Guidi, Buraschi, Di Laura, Gori, Profeti, Fabbiani, Cortigiani”.
E l’impatto con la D nel Poggibonsi?
“Giocai pochissimo in quel bel biennio 1972-74 caratterizzato tra l’altro dalle affermazioni a Grosseto e a Siena. Tanto che poi fui ceduto in prestito al Castellina in Chianti in Promozione”.
Per fare poi ritorno in viale Marconi, giusto?
“Sì, nel 1976-77, purtroppo in una stagione di serie D negativa dal punto di vista dei risultati: ultimo posto e retrocessione. Tornano in mente i vari cambi sulla panchina, da Galgani a Tagliasacchi fino a Marinai nelle mansioni di allenatore-giocatore”.
Ma da un’esperienza da dimenticare, possono anche aprirsi delle opportunità inaspettate…
“Esatto, perché mi accasai alla Cerretese e vissi il periodo del ‘miracolo’ biancoverde sino alla C: quattro anni e 110 presenze”.
In mezzo anche una parentesi nel Siena?
“Non particolarmente fortunata, aggiungerei, anche a causa di un infortunio serio agli inizi: la frattura della clavicola. Passai dalla Cerretese al Siena in coppia con il difensore Emilio Doveri, che da un pezzo è uno stretto collaboratore di Massimiliano Allegri. Oggi osserva da vicino le avversarie della Juventus”.
Ed eccoci al 1982 e a una nuova rentrée al Poggibonsi…
“A Cerreto Guidi il percorso era a conclusione. Nel calciomercato autunnale, maturò il ritorno. Era un Poggibonsi deciso a riaffacciarsi finalmente dalla Promozione all’Interregionale con una società solida, guidata da imprenditori quali Lido Lanfredini e Alberto Secchi nella fase del boom dell’edilizia. Direttore sportivo era Sergio Gilardetti, una figura rilevante: mi ha sempre ben consigliato. Persone di grande serietà di un altro calcio, Vettori come Gilardetti”.
Il Poggibonsi di Pasquale Malvolti, autentico leader della Promozione 1982-83…
“Un gruppo importante, tanti validi elementi, alcuni dei quali protagonisti anche nella categoria superiore. Penso al portiere Giuntoli, al compianto Moreno Pellegrini, a Marmugi, a Poteti, a Rovai”.
Nel 1983-84 il testa a testa con il Montevarchi per la C2. Un doppio salto sfumato per colpa di cosa?
“Nel rush conclusivo fu fatale la sconfitta di Fucecchio, la domenica successiva alla nostra vittoria per 2-1 nello scontro diretto col Montevarchi. E all’ultima giornata non riuscimmo a superare in trasferta il Migliarina per giungere almeno allo spareggio per la C2. Peccato, perché quel Poggibonsi poteva contare su un ottimo collettivo e su un allenatore emergente, Franco Melani”.
C’era anche un invidiabile tridente tutto poggibonsese, vero? Giorli, Fusci e Mucciarelli rappresentavano un qualcosa di stellare per i dilettanti. E dai vecchi gradoni si levava spesso il grido ‘OOh la la la Giorgio Giorli!’, sulle note di un brano allora in voga…
“Ci distinguemmo per una trentina di reti su 41 complessive della squadra. E dire che Fusci era militare e poteva allenarsi con scarsa continuità. C’erano altri poggibonsesi in quell’organico, il portiere Petri, Massimo Giannini. E in più si stavano affermando dalle giovanili dei ragazzi locali in rampa di lancio per la squadra maggiore: Francesco Grassini, Stefano Polidori, Paolo Irani, Paolo Salvadori, Antonio Bruschettini”.
Nel 1984-85 il terzo posto e poi il dramma della 429 alla Zambra…
“Partimmo con legittime ambizioni nell’estate 1985, con mister Caroni al timone. Ma quattro giorni dopo la prima gara di campionato, vinta 1-0 con la Cerretese, si verificò il tragico incidente in cui persero la vita Moreno Pellegrini e Paolo Nicolai e rimasero feriti in modo grave Francesco Vettori e Maurizio Giuntoli. Ricordo ogni attimo di quel giovedì pomeriggio, l’attesa allo stadio, i volti disperati del dottor Roberto Cappelli e del dirigente Umberto Casamonti nel dare l’annuncio, i giorni in ospedale, il conforto che provammo a offrire ai familiari”.
Fu anche l’ultima stagione di Giorli da giocatore giallorosso…
“Sì. Nel 1986 infatti mi trasferii alla Colligiana, sempre in Interregionale. Poi al Tavarnelle, dove ebbe termine il mio percorso sul rettangolo”.
Fin quando un giorno non si ripresentò l’opportunità del Poggibonsi. In un’altra veste…
“Era il 1993 e il Poggibonsi, da un quinquennio tra i professionisti, stava vivendo una delicata transizione societaria. Al capolinea la fruttuosa era di Alberto Secchi alla presidenza: si stava formando un altro gruppo alla guida del sodalizio”.
Di chi fu l’intuizione della nomina di Giorli a presidente?
“Mi avvicinò l’appassionato dirigente Fiorenzo Sacchini, nell’allora Circolo Cimamori. ‘Sai, Giorgio – mi disse – il nuovo consiglio del Poggibonsi è praticamente già composto. Manca solo l’ultimo tassello. Te la sentiresti di fare il presidente?’. Risposi, tra me: ‘Ne ho vissute tante, proviamo anche questa’. E accettai”.
Rifaresti quella scelta?
“Penso di no. Ritengo che ad assumersi la responsabilità in prima persona in una società, debba essere ‘chi ci mette i soldi’. Io ero semplicemente la figura a capo di un team di imprenditori che mi aveva dato piena fiducia. Fu mia comunque la decisione sul nuovo allenatore, Maurizio Londi, che da giocatore era stato mio avversario diretto. E inoltre ebbi ancora la fortuna, in quel 1993-94 in C2, di lavorare al fianco di Gilardetti come direttore sportivo”.
Cosa le rimane del biennio al vertice societario?
“Il primo anno di segno positivo, con una salvezza anticipata. Nel secondo si verificarono ulteriori variazioni nell’organigramma. Un gran lavoro per mantenere il posto in categoria, ma poi retrocedemmo in Interregionale. In quello stesso periodo, però, nel Poggibonsi debuttarono dei giovani destinati ai massimi livelli: Ivan, Stovini, Corradi”.
Lasciasti la presidenza, ma non il Poggibonsi…
“Restai come consigliere e accompagnatore della squadra, nei due anni della presidenza di Lorenzo D’Aloisio. Si creò un bel clima tra gli addetti ai lavori dell’epoca. Ripenso al professor Giuliano Borghesi, preparatore atletico, al dottor Sabatino Bigazzi, a Santi Anselmi, al futuro presidente Sergio Tanzini, a Gaetano Mesce, che adesso si sta adoperando da massimo dirigente per cercare di riportare i colori nelle categorie di competenza. Almeno alla D una realtà come la nostra deve pur partecipare! Insomma, ne ho fatte anche io di cose per il Poggibonsi. A cominciare dal raccattapalle”.
Questa ci era sfuggita…
“Correvano gli anni tra il 1962 e il 1965, mi sistemavo dietro la porta del Poggibonsi che era difesa allora da Tempestini. L’ho incontrato molto tempo dopo e mi sono manifestato: quel bambino ero io”.
Qualche rimpianto?
“Tra gli allenatori a Cerreto Guidi ho avuto Giuseppe Materazzi, il padre di Marco campione del mondo nel 2006. Era il periodo dei primi procuratori calcistici e Materazzi senior mi consigliò di intraprendere quel tragitto, una volta terminata la carriera sul campo. Forse aveva ragione, il mio mondo era il calcio. Non è un rimpianto, ho semplicemente seguito altre strade”.
Facendo fruttare in altra maniera la laurea in Scienze Politiche. Non erano tanti, allora, i calciatori con titolo accademico…
“E tra l’altro ultimai il ciclo di studi a 25 anni, perfettamente in pari. Non fu troppo difficile conciliare le lezioni e gli esami con il percorso da atleta. Detti il via all’attività di assicuratore, insieme con l’amico Ivano Grassini all’Ina Assitalia. Poi divenni agente generale, con la compagnia Aurora”.
Chi è oggi Giorgio Giorli?
“Sono nonno, ho una nipotina di sette anni e mezzo. E lavoro ancora fra contratti e polizze: nel 2013 sono stato ‘inglobato’ da Assicoop, in un ufficio proprio dove un tempo aveva spazio la segreteria dell’Us Poggibonsi. Tra i nostri ispettori assicurativi c’è perfino un ex giallorosso, Simone Alfani: qualcuno lo ricorderà da giovane centrocampista di provenienza Prato nel 1993-94. E con noi lavora addirittura una gloria viola degli anni Settanta-Ottanta come Alessio Tendi. Il calcio è sempre presente e sono molto felice quando capitano le occasioni per un amarcord con Vannoni, Pardini e altri Leoni di una volta”.